Le regole per poter essere ammessi al pio luogo erano chiare: essere orfani di uno o entrambi i genitori, trovarsi in assoluta povertà senza alcuna fonte di sostentamento, essere in buona salute, appartenere alla diocesi milanese e, fino a tutto il Settecento, professare la religione cattolica.
Tuttavia, anche una volta terminato il percorso di studi, non sempre le condizioni familiari permettevano di accogliere nuovamente i ragazzi a casa. Così scrive Rosa Bocconi Capiluppi nel 1959, mamma di Graziella, una Stellina in procinto di compiere 18 anni:
“Spettabile Direzione,
Io sottoscritta sono per ringraziare codesta Direzione, per aver dato modo a mia figlia Graziella Capiluppi di poter conseguire sino alla fine gli studi [...]. Date le mie condizioni economiche non ben stabilite [...] chiedo se vi è possibile trattenere nell’Istituto la mia figliola ancora un sei mesi [...]”
Le studentesse del Master dei Servizi educativi per il patrimonio artistico, dei musei storici e di arti visive (CREA - Università Cattolica di Milano anno 2018-2019) hanno realizzato dei contenuti per valorizzare il progetto di solidarietà e i valori degli Istituti Martinitt e Stelline di Milano.
CREDITI
Immagini dell’Associazione ex Martinitt ex Stelline
BIBLIOGRAFIA
Protocollo di Beneficenza 26/1949. Fascicolo personale della Stellina Graziella Capiluppi. Documento conservato negli archivi della Direzione e dell’Amministrazione dell’Orfanotrofio presso la sede dell’Azienda degli Istituti milanesi Martinitt e Stelline e Pio Albergo Trivulzio.
Cristina Cenedella, Gianfranco Gandini; Noi Martinitt. Storie e racconti tra i due secoli; Meravigli Edizioni, Firenze, 2017, p. 9.
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